La pandemia ha indubbiamente provocato un sensibile aumento dei fenomeni ansiosi e attualmente si registra un aumento sensibile della domanda di valutazione e terapia. Recenti studi di revisione hanno riscontrato l’impatto negativo costante di COVID -19 sulla salute mentale, con il 16-18% di sintomi di ansia e depressione. Le prime evidenze indicano che i soggetti più esposti al rischio di sviluppare problemi di salute mentale siano le donne, i giovani, chi soffre di disturbi del sonno, chi aveva uno stato di salute già precario o chi ha parenti con COVID-19. I pazienti con disturbi psichiatrici preesistenti hanno riferito un peggioramento dei sintomi psichiatrici.
Conoscere e riconoscere i sintomi ansiosi risulta dunque attuale e indicato.
L’ansia nasce con il primo uomo Adamo, nel momento della sua scelta tra il rimanere nella condizione di innocenza ed il libero arbitrio, e accompagna tutta la storia dell’uomo e della sua esistenza. Si differenzia dalla paura, che è una reazione appropriata nei confronti di una minaccia nota; l’ansia è invece una risposta ad una minaccia sconosciuta, vaga o conflittuale. Molto probabilmente corrisponde ad un tratto che si è venuto affermando nel corso della storia dell’uomo proprio per la sua sopravvivenza.
L’ansia diventa patologica quando l’entità della risposta supera la normale reazione allo stimolo, non si esaurisce quando lo stimolo cessa, ma perdura nel tempo e come tale compromette l’esito della risposta e a lungo termine il funzionamento generale.
La natura degli stimoli ansiogeni è notevolmente cambiata dall’uomo primitivo ad oggi e sembra di poter affermare che l’ansia sia una delle manifestazioni e delle patologie più diffuse nell’epoca moderna. All’origine di questo fenomeno sembra individuabile il cambiato stile di vita, caratterizzato da una incessante richiesta di alti livelli prestazionali.
I disturbi d’ansia hanno una prevalenza del 31% e si manifestano maggiormente nel sesso femminile.
Sull’origine dell’ansia sono state formulate numerose teorie.
Sul versante biologico è stata individuata nella amigdala ( è un agglomerato di nuclei nervosi, che ha sede nella parte più interna di entrambi i lobi temporali del cervello) e nelle sue connessioni centrali e periferiche, la sede di origine del fenomeno ansia. L’amigdala può essere equiparata ad un relay situato a metà strada tra il cervello razionale a sede nella corteccia cerebrale e il cervello regolatore dell’equilibrio interno, che presiede a tutte le manifestazioni neurovegetative e al comportamento. Viene proprio indicata come sede del cervello emotivo e ha il suo maggior sviluppo nell’adolescenza.
Dal punto di vista psicologico l’ansia viene spiegata come un difetto di lettura e comprensione delle normali sensazioni del corpo che erroneamente vengono interpretate in senso catastrofico. Nella prospettiva psicoanalitica viene ricollegata ad un disturbo nell’attaccamento materno nelle prime fasi della vita. Su di essa influiscono indubbiamente anche componenti genetiche e di apprendimento nelle fasi precoci della vita.
Le manifestazioni ansiose dell’adulto possono essere le più varie e sono in grado di simulare tutte le più svariate patologie fisiche. L’ansia può comparire in forma acuta o in forma cronica. Tra le forme acute ricordiamo le crisi acute di ansia e gli attacchi di panico. L’attacco di panico si distingue per la comparsa improvvisa e rapida di almeno 4 sintomi fisici (su un elenco di una dozzina; poiché i sintomi coinvolgono molti organi vitali, il soggetto si preoccupa spesso di essere affetto da gravi patologie cardiache, polmonari o cerebrali) e si accompagna ad un vissuto di paura di morire o di perdere il controllo. Spesso dopo il primo attacco si sviluppa agarofobia (paura di trovarsi in spazi aperti, fuori di casa da soli o in mezzo alla folla), caratterizzata dalla paura che, nell’eventualità di un successivo attacco di panico, risulti difficile fuggire o ricevere aiuto. Tra le forme croniche troviamo la sintomatologia d’ansia generalizzata, che prevede ansia e preoccupazione ogni giorno e per almeno 6 mesi, riguardo numerosi eventi e attività, e si accompagna ai sintomi fisici ansiosi. Rientrano nelle forme ansiose le fobie specifiche (paura irrazionale per un oggetto) e la fobia sociale (paura irrazionale di situazioni pubbliche).
E’molto importante riconoscere precocemente queste sintomatologie, per affrontarle meglio ed evitare conseguenze spiacevoli. L’esposizione ad una condizione prolungata di ansia logora non solo l’organismo, sottoposto ad uno stato di continua tensione ma anche il sistema nervoso centrale, che in questo modo risulta esposto nel tempo a un maggior rischio di depressione e deterioramento.
Di fronte al fenomeno ansia il medico deve prima escludere patologie fisiche di vario tipo, cardio-circolatorio, respiratorio, endocrinologico, oncologico ed escludere l’uso di sostanze o l’effetto indesiderato di determinati farmaci. Dopo aver escluso cause di natura esogena, deve porsi il problema di una possibile natura psichica. Molto spesso all’origine è individuabile un conflitto, che può essere sia di natura interiore ma anche familiare e ambientale.
L’ascolto e la chiarificazione della natura del problema in molti casi possono essere migliorativi della condizione ansiosa. Solo nei casi di maggiore intensità e disagio il medico può ricorrere all’uso dei farmaci. Per gli stati acuti sono indicate le benzodiazepine, che riducono sensibilmente l’ansia, ricordando tuttavia che il loro uso prolungato espone a problemi di tolleranza e dipendenza. Non va dimenticato che l’alcool costituisce una controindicazione assoluta per l’assunzione dei tranquillanti benzodiazepinici.
Da alcuni anni si è diffuso l’utilizzo degli antidepressivi di tipo serotoninergico (SSRI), che abbassano la soglia dell’ansia; va ricordato che per le forme ansiose diversamente dalla depressione vanno usati a partire da dosaggi ridotti e in graduale aumento, per evitare intensificazioni dell’ansia.
Molto spesso il paziente ansioso ricorre all’automedicazione, attraverso l’uso di alcool, tranquillanti, abusi alimentari. All’origine di numerose forme di alcoolismo e dipendenza sono individuabili sintomatologie di tipo ansioso.
Per lenire l’ansia si ricorre molto spesso anche al cibo, che in queste condizioni viene assunto in quantità eccessive, con particolare foga, senza un’adeguata masticazione. In condizioni ansiose diventa più difficile percepire ed adeguarsi alla soglia di sazietà. Il problema del mangiatore notturno è in molti casi sostenuto da condizioni di ansia. Questo paziente fatica a prender sonno oppure presenta numerosi risvegli notturni durante i quali ricorre a ingestione di grosse quantità di cibo, nel tentativo di diminuire l’ansia e riprender sonno. Contrariamente a quanto normalmente ritenuto l’uso di tranquillanti peggiora queste condizioni di fame ansiosa.
Per affrontare correttamente l’ansia è indicato cercare innanzi tutto di identificare i possibili motivi d’ansia, renderli espliciti e come tali più facilmente affrontabili. In generale, non torna utile rimandare i conflitti, rimuoverli, evitarli in quanto molto facilmente essi si ripropongono con maggior disagio e soprattutto nelle ore notturne.
Per evitare sviluppi ansiosi è indicato uno stile di vita salubre, che contempli anche periodi di riposo, svago e attività fisica. Il movimento aiuta infatti a scaricare le tensioni e promuove la liberazione delle sostanze antidolorifiche, le encefaline. Sul versante psicologico è utile promuovere le relazioni interpersonali e il coinvolgimento in attività di gruppo.
La psicoterapia risulta sempre indicata, integrandosi alla terapia farmacologica, quando necessaria, e consigliabile soprattutto nei giovani e nelle prime manifestazioni.
Anna Giavedoni
Specialista in Psichiatria, Psicoterapeuta
Ordinario della Società Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica.
Poliambulatorio Città della Salute, Martignacco-Udine